Doggerland: colossale progetto di archeologia subacquea per riscoprire l’Atlantide del Mesolitico nord europeo

Posted by on 7 Settembre 2015

Immagine tratta da www.ilnavigatorecurioso.it

La scorsa settimana un articolo online del britannico Telegraph a firma di Sarah Knapton (scusate ma wordpress ci dà problemi ad inserire il link diretto, eccolo qui: http://www.telegraph.co.uk/news/earth/environment/archaeology/11836627/British-Atlantis-archaeologists-begin-exploring-lost-world-of-Doggerland.html) annuncia che l’Università di Bradford ha avviato un immenso progetto di rilevamento del paesaggio sottomarino che si estende dalle coste orientali dell’isola britannica a quelle occidentali della Norvegia. In quella grande parentesi oggi coperta dalle acque del Mare del Nord alcune terre erano emerse –e abitate – fino al periodo mesolitico (circa 10.000 anni fa). Nei mesi scorsi altri ricercatori scozzesi dell’Università di St Andrews – avevano annunciato al mondo che le loro immersioni potevano assicurare che questa “terra di mezzo” era un tempo abitata. Gli studiosi hanno dato un nome a questa immensa porzione di vecchissima Europa, insistendo particolarmente sulla sua parte più “alta”, ovvero l’isola centrale di Doggerland. Il nome si ispira al “Bank of Dogger”, un grande banco sabbioso situato nel Mare del Nord circa 100 km al largo della costa del Regno Unito. Wikipedia presenta quest’area come segue: “(l’area)si estende su circa 17.600 km², con le sue dimensioni massime di circa 260 km da nord a sud e 95 km da est a ovest. La profondità dell’ acqua varia da 15 ai 36 metri, circa 20 m meno profondo del mare circostante. Geologicamente è una morena, formatasi durante l’ultima glaciazione. All’epoca era un’isola collegata alla terraferma. I pescherecci da traino hanno rinvenuto grandi quantità di torba da palude, e denti di mammut e rinoceronte e, occasionalmente, manufatti da caccia del paleolitico”.
La ricerca attuale è resa possibile dalla collaborazione di alcune unità di sommozzatori delle compagnie petrolifere che scandagliano le fredde acque di lassù. Si parla già di “continente scomparso” o di “Atlantide britannica” che sarebbe stata sommersa a più riprese tra il 20.000 e 7.500 anni fa, incluso un ultimo drammatico tsunami che avrebbe cancellato per sempre Doggerland. Ora a capo della ricerca è l’università di Bradford che ha messo insieme un team di archeologi, climatologi e geofisici per mappare la superficie sommersa. Obiettivo dell’immenso progetto è mappare in 3D il fondo per mostrare l’antico paesaggio, dai tunnel ai laghi, dai fiumi ai monti.
Grazie all’appoggio di navi studio saranno presi in esame anche sedimenti del fondale in determinate zone per cercare elementi sottoponibili all’esame del DNA (animali e piante e –chissà se saremo fortunati anche umani) che secondo gli studiosi potrebbero essere rimasti in buone condizioni grazie alla conservazione resa possibile dall’ambiente sottomarino.
L’Imperial College avrebbe recentemente comprovato che lo tsunami di cui sopra sarebbe stato un evento catastrofico nato da un pezzo di costa norvegese staccatasi improvvisamente dalla roccia madre circa 7.500 anni fa, alluvionando l’isola di Doggerland con un’onda alta cinque metri.
Questa ricerca-che immaginiamo lunga e costosa tanto quanto affascinante – apre molti scenari sia in termini di contenuti sia in termini di metodologia. Riassumendo:
1)     come sappiamo le uniche terre inseplorate al mondo sono quelle inondate dal mare, come ricorda al telegraph il professore Vince Gaffney, dell’Università di Bradford;
2)     Doggerland conserva delle informazioni uniche per svelare il passato europeo, ma ci mancavano gli strumenti per analizzarli – fino ad ora!;
3)     se ritroveremo parti di DBNA leggibili potremo avere un ritratto di come società ed ambiente evolsero durante un periodo così lontano e – tra l’altro- denso di sconvolgimenti climatici;
4)     il professor Gaffney ha anche aggiunto che “questo progetto è interessante non solo per ciò che rivelerà su Doggerland, ma perché ci dà un nuovo modo di avvicinarsi alle zone di terra che erano popolate da esseri umani, ma che ora si trovano sotto il mare, sviluppando tecnologie e metodologie che gli archeologi di tutto il mondo possono utilizzare per esplorare i paesaggi simili, compresi quelli intorno America e nel Sud Est asiatico”. A tal proposito il dottor David Smith (Università di Birmingham) ha aggiunto: ” Questa è la prima volta che si tenta di ottenere una ricostruzione del paesaggio sottomarino con questa definizione”
5)     il progetto sarà un enorme laboratorio di sviluppo per incrociare e consolidare tecnologie nuove per la comprensione di ambienti del passato e per sviluppare il nostro approccio alla ricostruzione del paesaggio.
6)     I paleoambienti che emergeranno dallo studio del DNA sarà eccezionale – assicura il prof. Robin Allaby (Università di Warwick) perché a suo parere l’ambiente costante del fondale conserva il DNA antico eccezionalmente bene, meglio di come sarebbe conservato in altre zone emerse del pianeta seppur alla stessa latitudine
Che dire?
Seguiamo attenti…