Divenne capitale del regno assiro nel 704 a.C. ma probabilmente era vissuta dal IV millennio a.C. Parliamo della città di Ninive, sulle sponde del fiume Tigri e oggi posta entro i confini dell’Iraq (nei suoi pressi sorge la città di Mossul). Si conoscevano i resti delle sue imponenti mura (ben 12 chilometri) e il suo grande tempio dedicato a Ishtar. Sargon II elesse la città a capitale del suo regno. Distrutta dai Babilonesi nel VII secolo è ora al centro di un progetto di recupero e la missione archeologica è coordinata dall’Università di Udine. Corriere.it ha pubblicato ieri un interessante articolo che riporta come questa prima campagna abbia portato al ritrovamento di ben cinque acquedotti costruiti tra l’VIII e il VII secolo a. C., e di ben 239 nuovi siti archeologici, inclusi bassorilievi rupestri del VII secolo a. C. e una grandiosa necropoli.
Il direttore della missione nel Kurdistan iraqeno, il prof. Daniele Morandi Bonacossi (Università di Udine), ha una vasta esperienza in steppe semiaride (Siria e Iraq) e in deserti di pietre (come Palmira). Arkeomount lo ha raggiunto via e-mail per avere da lui alcuni particolari inerenti la metodologia impiegata in Iraq e gli accorgimenti richiesti in ambiente semiarido.
Arkeomount (ARK): “Abbiamo letto delle alte temperature dell’area di ricerca. Ci chiediamo anche se il terreno sia stato un problema?”
Daniele Morandi Bonacossi (DMB): “No, il terreno non è un problema, faceva solo molto caldo e le temperature raggiungevano anche i 58-60 gradi al sole (50 allombra) per cui utilizzavamo le prime ore del giorno, con la sveglia alle 4,30”.
ARK: “Avete utilizzato tecnologia di rilevamento, come i georadar?”
DMB: “No, nelle ricognizioni di superficie regionali non si usano metodi di prospezione geofisica, che vengono normalmente utilizzati nell’indagine dei singoli siti. In futuro utilizzeremo georadar e geomagnetica nella prospezione dell’acquedotto assiro di Jerwan”.
ARK: “A così alte temperature si devono usare particolari accorgimenti per la conservazione dei manufatti usati? quali?”
DMB: “Gli unici accorgimenti che si devono utilizzare nel restauro dei materiali archeologici consistono nell’utilizzare collanti che resistano a temperature elevate. Quindi, niente colla comune ma solo collanti a base di primal”.
Ringraziamo il Prof. Bonacossi per la disponibilità e speriamo di poter dare ai nostri lettori altre novità del Progetto archeologico regionale Terra di Ninive, che l’Università di Udine seguirà grazie a una licenza di scavo decennale affidatagli dal governo centrale di Bagdad e quello dalla regione autonoma del Kurdistan. In futuro l’UNESCO vorrebbe realizzarvi un grande parco archeologico-ambientale.