Archeologia fra i ghiacci dell’Alaska: sveli il passato, conosci il futuro

Posted by on 10 Settembre 2012

Foto di K Brition_ Università di Aberdeen

Territori difficili, estremi: montagna, oceani, deserti. Questo lo scopo di arkeomount.com, raccontare le ricerche archeologiche in terreni “difficili”. Lo scioglimento dei ghiacci ai poli ha recentemente fornito un nuovo terreno di ricerca: il ghiaccio. La BBC dà notizia che un sito archeologico perfettamente conservato dal permafrost dell’Alaska sta scomparendo a causa del riscaldamento globale. Il sito è (era) spettacolare: contiene pezzi unici e intatti della cultura Yup’ik Eskimo, risalenti a 500 anni fa. Ricercatori dell’Università di Aberdeen hanno presentato le loro ricerche al recente Festival della Scienza Britannico.
Al momento le analisi si concentrano sui capelli di queste genti per svelare come l’uomo si possa adottare a rapidi cambiamenti climatici. La cultura Yup’ik fu una delle ultime contattate dagli Eskimo e viveva su un’area grande come tre volte la Scozia.
Nonostante si sappia ancora poco della loro vita sociale gli studiosi hanno messo al sicuo centinaia di artefatti che sono stati ritrovati vicino al villaggio di Quinhagak e che rischiavano di essere rovinati ( o persi) dallo scioglimento del permafrost. Sono stati recuperati oggetti in avorio, resti di animali, pellicce e persino capelli umani perfettamente conservati. Con il suo scioglimento lo stesso permafrost che ha contribuito alla conservazione di questi artefatti li sta consegnando all’archeologia che sta “correndo” per recuperarli prima che, esposti alle intemperie, vadano perduti per sempre. La copertura di ghiaccio è al suo minimo, assicurano i ricercatori, e sta continuando ad assottigliarsi.
Il sito, noto come Nunalleq, fu abitato tra il 1350 e il 1650 durante un periodo di “piccola era glaciale.”. Analizzando i capelli gli studiosi sperano di comprendere come gli abitanti di Nunalleqabbiano modificato le proprie abitudini per resistere al cambiamento climatico.
“I segni del cibo ingerito, trasmesso ai capelli sotto forma di isotopi, ci aiutano a ricostruire la loro dieta”, afferma il Dr Kate Britton, dell’Università di Aberdeen. “Analizzando i capelli di pià persone stiamo rivelando una popolazione che si cibava di salmone, caribou e altre speci animali”
Ora la ricerca si sposterà su siti più “giovani” che ci dirà come la dieta sia cambiata per adattarsi ai cambiamenti climatici, che sicuramente èp stata condizionata da un cambio nella disponibilità di speci animali disponibili.
Il Dott. Knecht ha sottolineato alla BBC come sia importante questa ricerca anche per comprendere come si possa far fronte al prossimo futuro, nel quale diverse popolazioni locali (attrono allo stretto di Bearing) dovranno far fronte ad un drastico calo delle scorte alimentari come il salmone: “Questa non è solo un’area di studio, ma può diventare un modello predittivo per ciò che ci attende nelle prossime decadi”.